Iran, l’Isis rivendica l’attentato a Kerman
Ma Teheran continua ad accusare Israele e gli Usa: ‘Dietro ci sono loro’
Né gli Usa né Israele, come da tantissime parti, anche qui da noi, si era sentito affermare: è l’Isis, 24 ore dopo il fatto, ad addossarsi la responsabilità per il doppio attentato avvenuto Mercoledì tra la folla, vicino alla tomba di Qassem Soleimani, nella città iraniana di Kerman, che secondo un bilancio, rivisto al ribasso, ha provocato 84 morti e 284 feriti.
Comunque la peggiore strage nella storia della Repubblica islamica. A provocare le esplosioni, ha affermato il sedicente Stato islamico sui suoi canali Telegram, sono stati due suoi kamikaze. Ma Teheran continua comunque a sostenere che dietro ai terroristi si nascondano Washington e Israele.
Le immagini di manifestazioni in varie città iraniane, con i partecipanti che intonano i consueti slogan di ‘morte a Israele’ e ‘morte all’America’, sono state trasmesse dalla televisione di Stato. Mentre per il giorno dei funerali delle vittime le autorità hanno invitato la popolazione a scendere nuovamente in piazza, per esprimere la loro condanna contro i governi israeliano e americano, in questo momento di estrema tensione per il conflitto mediorientale, in cui la Repubblica islamica sostiene Hamas e il movimento sciita libanese di Hezbollah.
È vero però, che altri attentati simili sono stati riconosciuti negli anni passati come opera dei fondamentalisti sunniti dell’Isis nel cuore dello Stato che per eccellenza rappresenta il movimento sciita mondiale. Le prime guerre civili ruotavano inizialmente attorno alla persona che doveva guidare la comunità (iman) e nelle aspre lotte che seguirono la morte del Profeta. In generale, per i sunniti, l’autorità spirituale suprema non risiede in una singola guida politico-religiosa, indipendentemente dalla persona, ma in un sapere religioso diffuso nella comunità, che non corrisponde dall’autorità politica del califfo. Gli sciti che si rifacevano nelle lotte iniziali al cuglino del Profeta e sposo di sua figlia Fatima, riconoscono invece questo verticismo religioso delle guide spirituali e politiche.
E questa divisione genera spesso attentati e morte. Solo nel 2022, per esempio, 15 persone sono state uccise in un attacco ad un santuario a Shiraz. Mentre al 2017 risale l’azione più clamorosa, con un doppio assalto al Parlamento di Teheran e al mausoleo dell’ayatollah Ruhollah Khomeini, fondatore della Repubblica islamica. E Qasem Soleimani il generale iraniano, dal 1998 alla morte, capo della Niru-ye Qods, l’unità delle Guardie della Rivoluzione responsabile per la diffusione dell’ideologia khomeinista fuori dalla Repubblica Islamica, assassinato dagli Americani il 3 Gennaio 2020, all’Aeroporto Internazionale di Baghdad,e che si stava celebrando durante i due attentati, era considerato un nemico mortale non solo da Israele e dagli Usa, ma anche dall’Isis, per il ruolo svolto in Iraq e Siria nel combattere l’autoproclamato Califfato. Ma tradizionalmente le autorità di Teheran considerano i terroristi di qualsiasi natura – fondamentalisti sunniti o separatisti di etnie minoritarie – come strumenti di cui si servono israeliani e americani per indebolire la Repubblica islamica. Gli attacchi di Kerman, ha affermato Esmail Qani, il successore di Soleimani alla guida della Forza Qods dei Pasdaran, sono stati compiuti da “agenti del regime sionista e degli Stati Uniti”.
Fin da mercoledì Washington aveva negato qualsiasi coinvolgimento, dicendosi sicura che nemmeno Israele avesse una qualche responsabilità, e richiamando invece le similitudini tra il doppio attentato di Kerman e gli attacchi rivendicati negli anni passati dall’Isis. Israele, a cui sono stati addebitate diverse uccisioni mirate di scienziati nucleari e comandanti militari in Iran e all’estero, non ha commentato: “Siamo concentrati sui combattimenti con Hamas”, ha detto il portavoce dell’esercito, Daniell Hagari. Secondo gli analisti, del resto, l’impiego di due attentatori suicidi, confermato dall’agenzia di Stato iraniana Irna, rispecchia il modo di operare dello Stato islamico. Una “fonte bene informata” citata dall’agenzia ha detto che, non potendo superare gli stretti controlli di sicurezza per avvicinarsi alla tomba di Soleimani, i due kamikaze si sono fatti saltare in aria uno a distanza di 1,5 chilometri e l’altro a 2,7 chilometri dalla moschea di Saheb al-Zaman, dove il generale dei Pasdaran è sepolto.
Daniele Vanni