La notte della Circe della Versilia 33 anni dopo.
Sono passati 33 anni da quella, come si definisce sempre: maledetta sera tra il 16 e il 17 Luglio 1989.
Forte dei Marmi festeggiava le sue sere d’estate tra mille luci e le passeggiate in riva al mare, quando un terribile omicidio lasciava attonita l’intera cittadina versiliese.
Luciano Jacopi, ricco ma non molto amato, mediatore immobiliare viene rinvenuto nel suo garage a fianco di un congelatore, riverso in una grossa pozza di sangue, colpito e ucciso da ben 17 coltellate: una profondissima al fegato ed una alla gola che la trapassava da giugulare a giugulare.
In quei momenti. la moglie dello Iacopi, Maria Luigia Redoli, 52enne al platino, maliziosamente ribattezzata poi: “la Circe della Versilia” per le sue numerose conquiste, sua figlia Tamara Iacopi, 20 anni, il figlio Diego di 14 e il suo giovane attuale amante, un ex carabiniere a cavallo Carlo Cappelletti, stavano ballando nella celebre discoteca “La Bussola”.
Le indagini della Procura della Repubblica di Lucca evidenziano subito non esservi dubbi sulla volontà di Maria Luigia Redoli di liberarsi per sempre del marito: è certo che versò addirittura un acconto di 15 milioni al mago Marco Portigati, perché le trovasse un killer della mafia che potesse uccidere suo marito.
Poi, una telefonata un paio di giorni dopo il delitto, al mago Portigati incastra irrimediabilmente la donna: “ …non mi direte che siete stati voi ad averlo ammazzato…Sia ben chiaro. Non avete fatto niente e rivoglio i miei soldi indietro”.
Con quest’ultima telefonata la vicenda per Maria Luigia si era compromessa irrimediabilmente.
A complicare le cose ci si mise pure il ritrovamento, durante una perquisizione, di una scatola con una bambola trafitta da spilloni in un rito vudù un biglietto dove si leggeva: “ La morte arriverà presto”.
Dopo le prime smentite, Tamara ammetterà che la scatola era sua e si trattava proprio di un rito magico il cui destinatario era suo padre Luciano Jacopi.
Le indagini stavano prendendo una brutta piega per la famiglia della vittima. Ma è anche certo che quei figli non sono di Jacopi. La Redoli li ha avuti entrambe da un sottufficiale dell’Arma, suo amante per 10 anni, poi morto in un incidente d’auto.
Perché allora, quel rito a morte di Tamara nei confronti di suo padre? Luigia veramente voleva assoldare un killer della mafia per farlo assassinare?
L’accusa ritenne che a commettere materialmente l’omicidio la sera del 16 luglio 1989 verso le ore 22:00 circa sarebbe stato Carlo Cappelletti, l’amante Carabiniere con la complicità di tutta la famiglia.
Un unico dato certo è Luciano Iacopi, alle 21.45 era vivo perché telefonò da casa alla sua amica di Follonica, Agata Tuttobene. Mentre Maria Luigia Redoli, i suoi figli Tamara e Diego, allora quattordicenne, e Carlo Cappelletti arrivarono alla Bussola di Focette non più tardi delle 21.50. Orario confermato dal buttafuori della discoteca che vide arrivare il quartetto poco prima dell’apertura del locale.
Se gli assassini erano proprio loro, avrebbero dovuto correre come delle lepri. Partire dal ristorante Santo Domingo, dove avevano cenato e giungere in mezzo al traffico della sera del mese di luglio a casa in via Provinciale. Attirare lo Jacopi in garage con una scusa, assassinarlo, imbrattando inevitabilmente tutto di sangue; salire a casa a sciacquarsi e giungere freschi e lindi davanti al buttafuori della bussola come se niente fosse stato.
Ma in casa non fu trovata neppure una goccia di sangue. Ciononostante, la Redoli e il suo amante Cappelletti, vennero accusati dell’omicidio del ricco mediatore immobiliare. Ne seguì un processo a Lucca dove venne assolta, insieme all’amante. Fu invece condannata con lui all’ergastolo dalla Corte di Appello di Firenze, sentenza confermata poi in Cassazione.
Dopo aver scontato 24 anni di carcere, Maria Luigia uscì dal carcere, nell’aprile del 2015: il giudice le aveva accordato la libertà condizionata e lei si era stabilita ad Arezzo con il suo nuovo marito. Aveva sempre proclamato la sua innocenza, arrivando a chiedere la grazia all’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, richiesta alla quale i suoi figli, Diego e Tamara, insieme a lei la notte del delitto, si opposero pubblicamente.
Qualche anno dopo, la Redoli nominò suo procuratore speciale, il noto investigatore privato Davide Cannella al fine di richiedere la revisione processuale per sè e per il Cappelletti.
L’investigatore scoprì tra le altre cose, che quel delitto non poteva essere avvenuto alle 22:00, come sostenne l’accusa, ma molto tempo dopo. Forse intorno alla mezzanotte.
Le foto del cadavere mostravano chiaramente sangue fresco e vivido che male si concilia con un delitto avvenuto alle ore 22 del giorno prima. Foto queste scattate dal personale intervenuto in quel garage intorno alle 5 del mattino e avrebbero dovuto mostrare per terra il sangue della vittima già coagulato.
La tesi dell’investigatore fu quella che il delitto dello Jacopi non poteva essere avvenuto prima della mezzanotte, quando il quartetto era ancora dentro la Bussola di Focette “disperso” tra la gente.
Dove, l’assassino potrebbe essere uscito dalla porta posteriore del locale notturno, per rientrarvi subito dopo aver assassinato il povero Jacopi.
Puntata Giallo Criminale
Scopri di più su podcast Art & Crimes