La contraffazione dei reperti archeologici
L’ Arte contraffatta
Oggi torniamo a parlare di arte e dei crimini legati ad essa. Un tema tanto caro a noi di Radio Caffè Criminale. Già in altre occasioni abbiamo parlato nei nostri podcast di Art & Crimes. (vedi qui) di contraffazioni “messe in arte” grazie all’abilità di famosi contraffattori come Federico Joni o Hans Van Meegeren. Oppure delle attività clandestine durante gli scavi in Etruria. Ma questa volta vedremo come si sviluppa un’analisi scientifica per verificare se un reperto risulti falsificato o meno.
Parola all’esperto
Ecco che viene in aiuto a noi un prezioso contributo del Dott. Daniele Venturini in cui si parlerà di falsi reperti archeologici e di come riconoscerli attraverso un’importante studio scientifico.
Il Dott. Ph.D. Daniele Venturini, Archeologo. E’ Dottore di Ricerca Internazionale – Università Politecnica di Valencia (ES) , presso la Facultad Bellie Artes in: ” Ciencia y Restauración del Patrimonio Histórico – Artístico” e ha maturato un Master in Didattica, Divulgazione e Nuovi Media nell’Antichità; con Perfezionamento in Tecniche della Comunicazione presso l’Università di Ferrara.
Pochi consigli per verificare subito l’autenticità del reperto
Le notizie false sui temi della contraffazione, che in questi anni trovano spazio sull’web, carta stampata e televisione, a discapito della verità che viene relegata in secondo piano, mi crea un certo imbarazzo. Il falso in archeologia e, più in generale, nei beni artistici e storici, è un argomento molto importante e va affrontato con la massima attenzione, con serietà professionale ed intellettuale. I reperti archeologici, infatti, contrariamente a quanto si pensa, quando li si vede nei musei, parlano anche di politica, ed in particolare: «testimonianze di carattere materiale o immateriale aventi valore di civiltà» (F. Miele, Archeologia e Calcolatori – La conservazione della memoria materiale e immateriale 22, 2011, 7-34, pag. 7)
«Essi, possono avere ruoli contraddittori, positivi o negativi: contribuiscono a incentivare il turismo, creare identità e produrre sostenibilità economica, ma ugualmente, possono essere strumenti per affermare ideologie politiche» (Diego Calon – Falsi, Copie e Replichenel XXI secolo. Idee, Materialità e Contesti intorno alla Contraffazione in Archeologia.)
L’Accertamento visivo per stabilire se il reperto archeologico è autentico o falso.
Se dobbiamo analizzare visivamente un reperto archeologico in ceramica da scavo, dobbiamo tenere in considerazione che i suddetti reperti, si sono conservati soltanto perché erano protetti dalla terra, nella quale sono rimasti sepolti per secoli. Questo è potuto accadere perché l’umidità del terreno ricco di minerali e residuiorganici, ha permeato la massa ceramica lasciandovi delle tracce, che se sapute osservare, rappresentano il mezzo più semplice ed efficace per stabilire l’autenticità.
L’esperimento per osservare la prova di autenticità
Considerato quanto sopra detto, dobbiamo porre in essere un semplice esperimento:prendiamo la ceramica e con un pennellino inumidiamouna zona pulita della superficie ceramica, se non abbiamo a portata di mano un pennellino, possiamo fare la stessa operazione con un dito della mano. Seil reperto è autentico, si sprigiona un odore simile a quello della terra dopo una pioggia estiva.
Un secondo indizio è dato dalle impronte delle radici pietrificate
Le radici che si attaccano alla ceramica che è porosa, rilasciano dei minerali sotto forma di incrostazioni cristalline. Queste incrostazioni naturali si riconoscono perché sono ramificazioni dalla forma arrotondata, che corrispondono alle radici decomposte o pietrificate. Per notare queste ramificazioni basta una lente di ingrandimento, e si noteranno chiaramente i solchi arrotondati. Bisogna stare attenti e controllare bene le incrostazioni, perché i falsari appongono applicazioni sulla ceramica, nel tentativo di imitare queste incrostazioni lasciate dalle radici in un reperto autentico.
Le false incrostazioni
Per avere la certezza che si tratti di ramificazioni naturali e non di applicazioni messe dai falsari, bastano poche gocce di acido cloridrico, che abbiamo a disposizione nelle nostre case, come per esempio l’acido muriatico. Considerato che le incrostazioni sono composte prevalentemente a base di calcio, la cui formula è CaCO3, o di altri minerali dati dall’unione con l’acidocarbonico, possiamo dimostrare l’autenticità delle incrostazioni con la semplice prova sopra indicata. Le gocce di acido cloridrico versate sull’incrostazione,inizialmente formeranno molte bollicine che dureranno fino alla soluzione completa del materiale. Le incrostazioni false si possono eliminare semplicemente con acqua calda e sapone oppure con alcool.
Una ulteriore analisi in laboratorio
Questo semplice esperimento ci permette di capire subito se il reperto da noi analizzato è vero o falso. Se vogliamo fare un’ulteriore prova per avere la certezza inconfutabile dell’originalità del reperto, possiamo eseguire in un laboratorio l’analisi spettroscopica delle incrostazioni. Questa analisi necessita soltanto pochi minuti. Illuminate con una angolazione specifica della luce: le superfici a vernice nera presentano spesso uno strato blu metallico che dopo molti secoli si deposita per processi catalitici nel terreno bagnato. Le incrostazioni formate dalle radici hanno impedito la formazione dello stato blu. Per questo motivo, dopo lo scioglimento dei cristalli calcarei, le diramazioni delle radici appaiono come ombre, fornendo una prova sicura per l’autenticità del manufatto.
Dott. Daniele Venturini – Archeologo, Dottore di Ricerca Internazionale,Università Politecnica di Valencia (ES)