Giustizia, petizione al Senato contro separazione carriere

L’Avvocato Eraldo Stefani sostiene:
“E’ un falso problema. Per risolvere il vero problema del processo italiano, va usato fascicolo del difensore’
Voltaire ha scritto: “Non fatemi vedere i vostri palazzi, ma le vostre carceri, poiché è da esse che si misura il grado di civiltà di una nazione”.
E certo contare che dall’inizio dell’anno nelle nostre carceri italiane ci siano stati 22 suicidi (quasi 90 lo scorso anno, quasi 600 negli ultimi dieci anni) farebbe riflettere il grande filosofo francese che potrebbe constatare che il problema-Giustizia in Italia, con lo scontro cruento e quasi quotidiano tra politica e magistratura, voti di sfiducia al Ministro della Giustizia, dibattiti infiniti sulla Giustizia riparativa, lungaggini nei processi che ci vedono tra i primi posti al mondo, voto a sorteggio per l’elezione al CSM e soprattutto separazione delle carriere…sia attuale e irrisolto come la questione meridionale. Soprattutto sulle tentate riforme dell’attuale Governo si osserva una spaccatura non solo tra maggioranza e opposizione il che ci accumuna a tante democrazie dove la dialettica la fa da padrona sui fatti. Ma come sull’Ucraina, e questa spesso è prerogativa storica dell’Italia, all’interno dei due schieramenti. Dimenticandosi del fatto che le riforme sulla giustizia sono la condizione posta dall’Europa per acquisire i fondi del PNRR.
Lo scontro vero sembra essere sul bilanciamento dei cosiddetti “poteri” sui quali dovrebbe reggersi uno stato democratico, come teorizzava un altro grande francese Montesquieu.
La battaglia vera e decisiva sembra essere quella sulla profonda riforma costituzionale della magistratura, sulla quale chi ha le idee estremamente chiare è l’Avvocato Eraldo Stefani del Foro di Firenze. Docente di criminologia e indagini difensive alla Sapienza di Roma, studioso di temi di procedura penale, sulla questione ha anche avviato una raccolta di adesioni sui social.
-Avvocato che pensa di questa riforma che va a sovrapporsi a quella del 1989, la Riforma Vassalli?
Nel 1989, con l’entrata in vigore del codice di procedura penale ispirato a un modello tendenzialmente accusatorio, si sperava che la cultura che aveva generato e sostenuto il rito inquisitorio fosse definitivamente abbandonata. Il contraddittorio veniva eletto, a ragione, come il metodo scientifico più affidabile per evitare errori e rendere giustizia. Il sistema portava ad una evidente perdita di potere complessivo della Magistratura che, tra l’altro, non apprezzava intrusioni della difesa nella formazione della prova. Il codice del 1989 non corrispondeva ad un modello accusatorio puro, e lo stesso Giovanni Falcone che, in un congegno organizzato nel 1988 dalla Camera Penale Veneziana, dal Titolo “Un nuovo codice per una nuova giustizia” rilevò la necessità di confrontarsi con alcuni temi ormai ineludibili come quello della terzietà del Giudice e della obbligatorietà dell’azione penale.
Inutile dire che tante speranze poi non si sono avverate.
Totalmente diversa è la questione della separazione delle carriere sulla quale sono decisamente contrario.
Intanto le faccio notare come in appena una settimana, il 16 gennaio 2025 la Camera dei Deputati, in tempi ristrettissimi e inusuali per una riforma costituzionale, abbia approvato il testo della proposta di legge di riforma così radicale in tema di separazione delle carriere (p.d.l. n. C. 1917, di iniziativa della Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e del Ministro della Giustizia, Carlo Nordio) i cui disegno di legge è ora all’esame del senato (d.d.l. n. S. 1353).
-Ma la di là della frettolosità della riforma, Lei che oltre ad avvocato, come si dice: “di chiara fama”, ma anche studioso e ricercatore in ambito di procedura penale e autore di numerose pubblicazioni e libri, perché trova la sua opposizione?
Io credo che quello della separazione delle carriere sia un falso problema che sta occupando il tempo prezioso del parlamento senza alcuna valida ragione. Penso infatti che un cambiamento reale si possa avere in Italia solo se l’avvocatura metterà in discussione sé stessa e rivendicherà il suo ruolo insostituibile con l’uso degli strumenti processuali esistenti.
Nel nostro Paese è mancata e manca la consapevolezza, dell’avvocatura tutta, circa la possibilità di assumere, già negli anni pregressi, un ruolo attivo nel procedimento penale, espletando attività investigative al pari del Pubblico Ministero.
È oggi più che mai necessario che il professionista conosca la normativa riguardante questo potere di investigare, che nelle università non viene insegnato. Questi aspetti, invece, dovrebbero essere oggetto di corsi specifici per insegnare ai laureati in giurisprudenza che intendono fare l’Avvocato o il Magistrato. Tutto quello che il codice di procedura penale, entrato in vigore i 24 ottobre 1989, ha disposto, creando una sorta di parentela di poteri tra Pubblico Ministero ed Avvocato, è rimasto completamente nell’ombra.
Il laureando, futuro Avvocato o Magistrato, deve conoscere le attività di investigazione attribuite dal codice di procedura penale all’Avvocato difensore.
Il processo penale, per come era stato pensato dal Legislatore del 1989, attribuisce già i poteri predetti con la legge 397/2000, la quale ha introdotto la normativa analitica in vigore dal 18 gennaio 2001. Tali interventi hanno introdotto un processo in parte d’ispirazione anglosassone nel quale, appunto, esistono tutti gli strumenti per difendersi nel processo penale.
Il Pubblico Ministero e l’Avvocato sono formalmente paritetici in molti poteri e l’Avvocato è, al pari del Pubblico Ministero, un pubblico ufficiale quando espleta investigazione difensive. Il Pubblico Ministero si avvale delle forze di Polizia Giudiziaria, l’Avvocato ha il potere di investigare chiedendo l’ausilio agli investigatori privati per effettuare attività investigative delegate oppure effettuarle personalmente.
Manca completamente questa preparazione nell’avvocatura, questa impostazione professionale e istituzionale, e la separazione delle carriere servirebbe solamente ad allontanare ancora di più il Pubblico Ministero dalla figura del Giudice.
Invece noi, professionisti e cittadini, abbiamo bisogno di un Pubblico Ministero che con il suo fascicolo ex art. 433 c.p.p. svolga il suo compito, rispettando il suo ruolo istituzionale, portando al giudice anche le attività di investigazione che fa l’Avvocato, il fascicolo del difensore ex art. 391 octies c.p.p. sea lui rimesso.
Il Giudice sarà finalmente avvertito come terzo super partes solo quando vedrà pervenire verso di lui le prove e gli atti da entrambe le parti, non quando vedrà il Pubblico Ministero come un soggetto da lui più distante come sostiene chi promuove la separazione delle carriere, che rappresenta un falso rimedio.
Quindi, il sottoscritto ripete ancora che l’attuale proposta di separazione delle carriere è figlia di una superficiale conoscenza e mancata applicazione della normativa del codice di procedura penale d’ispirazione accusatoria che è attualmente in vigore nel nostro Paese, già concretamente perfettamente idonea a garantire un equo processo.
- Da queste sue convinzioni, la richiesta, ora accolta, di audizione innanzi alla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, per illustrare, alla luce del suo curriculum scientifico e i tanti anni di professione, i motivi che renderebbero addirittura inutile e priva di effetti la separazione delle carriere: una conclusione che visto il dibattito attuale, è esplosiva1
Si, credo che la mia posizione vada decisamente contro corrente e in certo modo sia rivoluzionaria! Ma è ben fondata, se di fatto la mia petizione contro la separazione delle carriere della magistratura, con invito a valorizzare il ‘fascicolo del difensore’ previsto dal codice di procedura penale, è stata protocollata al Senato e poi è stata fissata la mia audizione a giorno. Dove ribadirò che chi promuove la separazione delle carriere, rappresenta un falso rimedio.
Ripeto: il problema vero è altrove. Il pm si avvale della polizia giudiziaria, l’avvocato ha potere di investigare, ma “manca completamente questa preparazione nell’avvocatura, questa impostazione professionale e istituzionale. La separazione delle carriere servirebbe solamente ad allontanare ancora di più il pm dal giudice. Per questo ritengo doveroso esporre le sue ragioni al Parlamento i motivi che rendono inutile e priva di effetti la separazione delle carriere.
Si ribadisce che la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere e si specifica che “è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente” (art. 3 del d.d.l., che sostituisce l’art. 104, co. 1 Cost.).
Resta fermo, nell’art. 107, co. 3 Cost., che “i magistrati si distinguono tra loro soltanto per la diversità delle funzioni”, ma si introduce il principio delle “distinte carriere dei magistrati giudicanti e requirenti”, la cui disciplina viene demandata alle norme sull’ordinamento giudiziario (art. 2 del d.d.l., di modifica dell’art. 102, co. 1 Cost.). Si noti che, in assenza di previsioni costituzionali, risulta di fatto demandata alla legge ordinaria sia la disciplina del concorso (un unico concorso o due diversi?) sia la competenza per la formazione dei magistrati (un’unica Scuola Superiore della Magistratura o due?);
Le competenze dell’unico organo di autogoverno della magistratura, il CSM, vengono ripartite in tre nuovi organi: dall’attuale unico CSM si passa a due CSM ed un’Alta Corte disciplinare; tre organi al posto di uno, quindi.
***Due CSM al posto di uno:
Anzitutto si istituiscono due CSM: il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente, presieduti entrambi dal Presidente della Repubblica (art. 3 del d.d.l., che sostituisce l’art. 104, co. 2 Cost. e art. 1 del d.d.l., di modifica dell’art. 87, co. Cost);
Composizione dei due CSM (art. 3 del d.d.l., che sostituisce l’art. 104 Cost.): sorteggio da un elenco, per i laici; sorteggio secco per i togati. In particolare:
un membro togato di diritto: rispettivamente, il primo presidente della Cassazione (CSM giudicante) e il procuratore generale della cassazione (CSM requirente).
un terzo di membri laici estratti a sorte da un elenco predisposto dal Parlamento in seduta comune: devono essere professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno quindici anni di esercizio. L’elenco è predisposto entro sei mesi dall’insediamento del Parlamento ed è compilato mediante elezione;
due terzi di membri togati estratti a sorte tra tutti i magistrati: rispettivamente, tra i magistrati giudicanti (CSM giudicante) – oltre 7.000 giudici civili e penali – e tra i magistrati requirenti (CSM requirente) – oltre 2.000 pubblici ministeri – “nel numero e secondo le procedure previsti dalla legge” ordinaria.
vicepresidente di ciascun CSM eletto dall’organo fra i componenti laici designati mediante sorteggio dall’elenco compilato dal Parlamento in seduta comune.
i componenti designati mediante sorteggio durano in carica quattro anni e non possono partecipare alla procedura di sorteggio successiva.
i componenti non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale
Competenze dei due CSM (art. 4 del d.d.l., che sostituisce l’art. 105 Cost): spettano a ciascun Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme sull’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le valutazioni di professionalità e i conferimenti di funzioni nei riguardi dei magistrati. Rispetto ad oggi la sostanziale novità è che viene esclusa la competenza del CSM in tema di provvedimenti disciplinari.
***La nuova Alta Corte disciplinare
Istituzione dell’Alta Corte disciplinare (art. 4 del d.d.l., che sostituisce l’art. 105 Cost.), che assorbe funzioni oggi svolte dal CSM e dalla Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili (in sede di impugnazione): “la giurisdizione disciplinare nei riguardi dei magistrati ordinari, giudicanti e requirenti, è attribuita all’Alta Corte disciplinare”.
Daniele Vanni