Haiti: nelle mani di bande criminali

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Il caos spingono il Primo Ministro alle dimissioni

Le ultime settimane hanno visto Haiti sprofondare in un nuovo abisso di caos e violenza. Bande armate imperversano per le strade, seminando terrore e costringendo migliaia di persone ad abbandonare le proprie case. Le immagini che giungono dal paese sono strazianti: famiglie in fuga con i loro pochi averi, bambini terrorizzati, strade deserte e cosparse di detriti.

L’ordine pubblico è completamente disintegrato. La polizia è assente o inefficace, mentre l’esercito, sottodimensionato e mal equipaggiato, non è in grado di arginare la furia delle bande. Il Primo Ministro Ariel Henry, rimasto bloccato per giorni a Porto Rico a causa delle proteste, ha annunciato questa settimana le sue dimissioni.

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“Haiti ha bisogno di pace. Haiti ha bisogno di stabilità”, ha dichiarato Henry, che ha promesso di lasciare l’incarico dopo l’istituzione di un consiglio di transizione. Ma la situazione è drammatica e il futuro del paese appare incerto.

L’ambasciata americana e le missioni diplomatiche di altre nazioni hanno già iniziato l’evacuazione del personale. Un segnale preoccupante che evidenzia la gravità della crisi.

Le cause di questa ennesima tragedia sono complesse e radicate. La profonda povertà, la corruzione dilagante, la debolezza delle istituzioni e la storia tormentata del paese hanno creato un terreno fertile per l’esplosione della violenza.

La comunità internazionale è chiamata ad intervenire con urgenza. È necessario un piano di intervento articolato che preveda il dispiegamento di una forza di pace internazionale, il sostegno alle istituzioni haitiane e un massiccio programma di aiuti umanitari.

Il tempo stringe. La popolazione di Haiti è stremata e non può più attendere. La comunità internazionale ha il dovere di assumersi la responsabilità di questo paese martoriato e di aiutarlo a costruire un futuro di pace e di speranza.

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