Uno Bianca: nuova inchiesta per concorso in omicidio, anche su eventuali mandanti
Si cercherebbe addirittura un mandante legato alla strategia della tensione! Il che proietterebbe sotto tutt’altra luce una vicenda che
La banda cominciò a compiere i suoi crimini dal 1987, dedicandosi nelle ore notturne alle rapine dei caselli autostradali lungo l’autostrada A14. Il 19 giugno 1987 la banda mise a segno il primo colpo con una rapina al casello di Pesaro, consumata a bordo della Fiat Regata grigia di proprietà di Alberto Savi alla quale avevano apposto una targa falsa; il bottino ammontava a circa 1 300 000 lire. Subito dopo il primo colpo la banda mise a segno dodici rapine ai caselli in circa due mesi.
I processi si conclusero il 6 marzo 1996, con la condanna all’ergastolo per i tre fratelli Roberto, Fabio e Alberto Savi e per Marino Occhipinti. Ventotto anni di carcere per Pietro Gugliotta, diminuiti poi a diciotto. Luca Vallicelli, componente minore della banda, patteggiò una pena di tre anni e otto mesi.
Venne inoltre stabilito che lo Stato italiano versasse ai parenti delle ventiquattro vittime la somma complessiva di diciannove miliardi di lire.
Ma non si è mai spiegato fino in fondo il perché di questo agire, della ferocia, ci fosse come dichiarava Fabio Savi il capo della banda che il movente fosse procurarsi denaro. Una sola volta, si tentò di spiegare la Uno Bianca con qualcosa di più, quando nella Trasmissione I Misteri Italiani di Carlo Lucarelli, un giornalista affermò che dietro ci fossero i servizi segreti.
Ora, si apre un nuovo fascicolo, nato dall’esposto di alcune vittime del gruppo
È ancora a carico di ignoti, come di solito all’inizio di un’inchiesta dove non ci sono prove o riscontri, ma ipotizza il concorso in omicidio volontario, secondo quanto risulta all’ANSA, il nuovo fascicolo di indagine aperto dalla Procura di Bologna in seguito all’esposto presentato a Maggio scorso da alcuni familiari delle vittime della Banda della Uno bianca.
Si tratta di un’inchiesta coordinata dal procuratore Giuseppe Amato e dalla procuratrice aggiunta Lucia Russo, con indagini delegate alla Digos e al Ros.
L’esposto, 250 pagine, è stato depositato alla Procura di Bologna, alla Procura nazionale Antiterrorismo e, per conoscenza, a quella di Reggio Calabria (che indagò sulla Falange Armata) chiedendo di riaprire le indagini sul gruppo criminale capeggiato dai fratelli Savi, composto per cinque sesti da poliziotti e che tra il 1987 e il 1994 uccise 24 persone e ne ferì oltre 114 tra Emilia Romagna e Marche, compiendo 103 crimini, soprattutto rapine a mano armata.
La tesi dei familiari, assistiti dagli avvocati Carlo Lucarelli, e Luca Moser, è che ci siano state e vadano accertati, eventuali mandanti (!?) ulteriori complicità e coperture.
Tra gli aspetti che si chiede di approfondire, c’è la richiesta di fare indagini sul brigadiere dei carabinieri Domenico Macauda, già condannato per calunnia, in relazione all’omicidio dei carabinieri Cataldo Stasi e Umberto Erriu, assassinati il 20 Aprile 1988 a Castel Maggiore.
Sul punto, secondo quanto risulta, i legali delle vittime nei mesi scorsi hanno presentato ai pm una memoria integrativa per focalizzare la vicenda.
- Daniele Vanni