Paolo Borsellino voleva arrestare il Procuratore di Palermo
Quanti erano a cospirare contro Falcone e Borsellino?
A chi si riferiva esattamente Paolo Borsellino quando la sera del 25 giugno di trentuno anni fa, nell’atrio della biblioteca comunale di Casa Professa a Palermo ebbe a dire che Falcone concorse per diventare Giudice Istruttore e: “qualche Giuda si impegnò subito a prenderlo in giro, e il giorno del mio compleanno il Consiglio superiore della magistratura ci fece questo regalo: preferì Antonino Meli”.
Parole pesanti dette a poche ore dell’attentato di via D’Amelio che oggi sembrano scolpite nel marmo e che riaffiorano con prepotenza nelle parole di Fabio Trizino, avvocato della famiglia Borsellino.
Secondo l’avvocato Trizzino appunto, il giudice Paolo Borsellino voleva arrestare o far arrestare il procuratore di Palermo Pietro Giammanco, perché aveva scoperto qualcosa di grave sul suo conto. L’incontro segreto tra Borsellino, il colonnello del Ros Mario Mori e il capitano Antonio De Donno, avvenuto il 25 giugno 1992, sarebbe stato finalizzato a approfondire l’inchiesta su appalti e mafia.
Trizzino ha citato anche l’audizione di Maria Falcone davanti al Csm, in cui la sorella del giudice Giovanni Falcone disse che Borsellino le aveva confidato di aver scoperto “cose tremende, inimmaginabili”.
L’avvocato ha poi ammesso di avere un conflitto d’interesse di tipo emotivo, essendo marito di Fiammetta Borsellino, figlia del giudice ucciso.
Infine, Trizzino ha invitato i siciliani a leggere il rapporto “Mafia appalti”, perché lì sarebbe scritto tutto quello che c’è da sapere sulla collusione tra mafia e politica.
In sintesi, l’avvocato Trizzino sostiene che Borsellino era convinto che Giammanco fosse un infedele, e che avesse scoperto qualcosa di grave sul suo conto. Questo sarebbe stato il motivo per cui il giudice avrebbe organizzato l’incontro segreto con Mori e De Donno.
Le dichiarazioni di Trizzino riaprono il dibattito sulla morte di Borsellino e sulla possibile collusione tra mafia e istituzioni.