Incendio e sparatoria nei quartieri dimenticati di Catanzaro
La prima cosa che mi viene in mente di fronte all’orrore, alo sgomento che ha suscitato l’incendio di Catanzaro che ha strappato la vita a tre fratelli, uno dei quali affetto da sindrome autistica, un fardello per sé e per i genitori, che lottano ancora per la vita, pesantissimo, è la tragedia di Genova.
Lo ricorderete sicuramente: i genitori che chiedono inutilmente un intervento per il figlio gravemente malato psichicamente, che non hanno risposta e questi che una sera dà appuntamento alla sorella e la uccide a coltellate!
Si indaga contro ignoti per omicidio e disastro colposo e saranno gli inquirenti, come sempre, a stabilire cause e responsabilità se ci sono. Ma la famiglia, l’abbiamo sentita e vista in filmati, da tempo, inascoltata chiedeva aiuto. Risposte: nessuna!
L’Italia del ’68, con Basaglia ha abbattuto (in parte, ma solo in parte, giustamente) i cancelli che segregavano in manicomio, ma poi cosa ha fatto per i malati psichici che sono sì malati speciali, ma malati come gli altri? Anzi di più perché lo sono nel’organo più importante del corpo. E quel filone della psichiatria politica credeva invece che quella “malattia” fosse un disagio creato dalla società. Come un’altra parte della società italiana, credeva che la malattia psichica (del resto l’etimo dice questo!) sia una malattia dell’anima.
Invece questi malati “speciali” avrebbero bisogno di molta più assistenza dei malati “normali”. E spesso per tutta la vita, perché, spesso, non c’è guarigione. E invece si è scaricato tutto sulle famiglie, come quella dei Corasoniti che chiedevano, come quella di Genova, inutilmente aiuto.
Saverio, Aldo Pio e Mattia avevano 22, 16 e 12 anni. Il padre, la madre e altri due figli di 10 e 14 anni, sono ricoverati in gravi condizioni.
La notte del 22 Ottobre dormivano tutti a casa Corasoniti, al quinto piano di un edificio popolare nella zona sud di Catanzaro. Via Caduti XVI Marzo 1978, quartiere Pistoia.
Credo che in tanti, leggendo il nome della via, ignorino che si parla dei caduti di Via Fani: l’agguato ad Aldo Moro. Un periodo tremendo, politicamente, ma certo dove la vita era enormemente migliore, in Italia, a quella di adesso!
Cercando tra i giornali che parlano della terribile vicenda, leggo su un quotidiano locale, di Catanzaro: “Via Caduti 16 marzo 1978: tra un pezzo di balcone e un sacchetto della spazzatura. Il degrado a “Pistoia” è sempre maggiore e i numerosi lettori sono stanchi anche perché le problematiche sono tante e di diversa natura… Buon pomeriggio scrivo per i palazzi di via caduti 16-03-1978, Pistoia, specialmente la palazzina 57, non ne possiamo più ogni giorno cadono pezzi di balcone, infiltrazioni d’acqua sporcizia. …Scrive un lettore”. La lettera è di pochissimi giorni prima di quella notte. Per l’esattezza: 3.
Poi le fiamme, le urla, il fumo, e il suono delle sirene dei mezzi di soccorso dei vigili del fuoco e delle ambulanze.
Pochi attimi, una manciata di minuti, che hanno per sempre strappato la vita a Saverio, 22 anni, Aldo Pio di 16 anni e Mattia, 12 anni. Tre fratelli.
Il padre Vitaliano, 42 anni, la madre Rita Mazzei, 41, e gli altri due figli della coppia, Zaira Mara di 10 e Antonello di 14 sono stati salvati dai soccorritori.
Dal balcone i vigili sono riusciti a raggiungere i genitori, la sorellina e l’altro fratello che sono stati portati a terra con l’autoscala.
La madre, come ha raccontato una vicina tra le lacrime, ha anche tentato di proteggere la figlia con un abbraccio prima di essere avvolta dalle fiamme.
Adesso la donna lotta tra la vita e la morte nel centro grandi ustionati di Bari mentre la piccola è stata ricoverata in un centro pediatrico specializzato di Napoli.
Il padre delle vittime, Vitaliano, invece, intossicato e intubato si trova ricoverato nel reparto di rianimazione dell’ospedale Pugliese Ciaccio di Catanzaro insieme all’altro figlio Antonello.
I ragazzi più grandi, Saverio e Aldo Pio, hanno tentato di mettersi in salvo ma i loro corpi sono stati trovati a poca distanza dal balcone, semicarbonizzati.
La vittima più piccola, Mattia, invece, è stata trovata nel bagno.
Il maggiore dei figli, Saverio, morto nell’incendio, era autistico. Il padre Vitaliano, venditore ambulante di abbigliamento, parlava spesso di lui su Facebook, denunciando la situazione che il giovane viveva e chiedendo alle istituzioni assistenza domiciliare e figure esperte che potessero rendere più semplice la vita del figlio.
La famiglia Corasoniti, inoltre, aveva subìto minacce e furti nella casa in cui vivevano precedentemente, poi occupata abusivamente al rientro da una giornata al mare.
Così dovettero lasciare la casa. I nuovi occupanti non vollero neppure restituire il cagnolino che i Corasoniti avevano lasciato sul balcone: dovettero intervenire i vigili del fuoco con una scala.
A quel punto cominciò una battaglia per ottenere una nuova sistemazione e alla famiglia fu assegnata la casa in cui si è verificata, due notti fa, la tragedia.
“Una giornata da incubo nei quartieri a sud della città, due inquietanti episodi che sono entrambi figli dell’emarginazione e del degrado”, scrive su Facebook il sindaco di Catanzaro Nicola Fiorita, che fa riferimento non solo all’incendio in casa Corasoniti, ma anche ad una sparatoria avvenuta nella stessa zona nella serata di ieri che ha provocato tre feriti. Forse con il coinvolgimento di esponenti della comunità Rom.
“Ieri sera ho di nuovo interloquito con il Prefetto che oggi stesso procederà alla convocazione del Comitato per la sicurezza e l’ordine pubblico che si riunirà domani alle 17”, fa sapere il primo cittadino.
“Ieri è stato un giorno triste per Catanzaro ma non possiamo limitarci alle lacrime e alle parole – scrive ancora il sindaco di Catanzaro-. Sappiamo che occorre una risposta forte dello Stato e che essa deve essere accompagnata da un analogo sforzo sul versante sociale, con un adeguato investimento nei quartieri dimenticati da decenni. Catanzaro deve essere una comunità forte e unita, deve isolare le mele marce e aiutare chi è rimasto indietro”.
Anche il presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto ha espresso cordoglio e solidarietà invitando a pregare, ha detto, “per chi non c’è più”.
Benissimo: allora tutti d’accordo. Da ora bisogna fare molto più che qualcosa.
Ma i giorni precedenti, questi signori della politica, non avevano letto del degrado di quel quartiere di cui scriveva l’abitante? Perché il sindaco scrive che quei quartieri sono stati dimenticati da decenni? Dove erano gli amministratori, la Regione, lo Stato?
E si sono accorti che “qualcosa” è peggiorata nella vita degli Italiani, da quel pure gravissimo 16 Marzo 1978?!
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