Morte della stilista Carlotta Benusiglio, omicidio o suicidio?
Siamo alle porte della sentenza sulla morte della stilista trovata il 31 Maggio del 2016 appoggiata a un albero in piazza Napoli a Milano. Unico imputato l’ex fidanzato Marco Venturi.
Tra tre giorni si arriverà a sentenza. Dopo 6 anni.
Il mattino del 31 Maggio 2016, la giovane stilista, 37 anni, venne trovata impiccata ad un ramo, ma con il cadavere appoggiato al tronco, ad un albero del parco di piazza Napoli, di Milano. La sciarpa stretta con la sua sciarpa attorno al collo che la teneva appesa ad un ramo alto due metri e mezzo.
Il dilemma fu subito tra suicidio o omicidio. Gesto disperato di una donna in crisi, come sembrava da certe suoi messaggi o messinscena del fidanzato?
La storia processuale è passata attraverso una prima ipotesi di suicidio da parte della procura e da una richiesta di archiviazione per l’ex fidanzato della ragazza Marco Venturi, allora 39enne.
Ma poi è seguita la riapertura delle indagini con un nuovo pm, che ordinò due nuove perizie medico-legali e la riesumazione del corpo. Il magistrato si era convinto della colpevolezza dell’ex e ne chiese tanto da chiederne l’arresto. Un provvedimento respinto ben tre volte: dal giudice delle indagini preliminari, dal riesame e infine dalla Cassazione che motivò con la mancanza di “gravi indizi di colpevolezza”.
La procura però non ha cambiato la propria posizione, e la Pm Francesca Crupi ha chiesto nella sua requisitoria trent’anni di carcere per Venturi, anche per le accuse di stalking e di lesioni verso la ragazza. Nell’ipotesi dell’accusa il fidanzato avrebbe strangolato l’ex compagna dopo una violenta lite avvenuta proprio nel parco, dopo una serata trascorsa a bere tra molti locali della città.
E poi avrebbe inscenato il suicidio, legando prima la sciarpa ad un ramo. appoggiando il corpo all’albero e annodando la sciarpa al collo. Un’operazione non agevole e che avrebbe dovuto lasciare tracce.
La famiglia Benusiglio, comunque, non ha mai creduto alla tesi del suicidio.
Nel corso della battaglia di perizie e controperizie, sul corpo della vittima è emersa una malformazione al collo di cui lei e la famiglia non erano a conoscenza. Carlotta era affetta dalla sindrome di Eagle, che sarebbe stata una concausa alla asfissia da strangolamento. Strano che i familiari non fossero a conoscenza di questa fibrosi di un legamento dell’osso ioide, perché questo provoca di frequente dolore, come punture dolorose in chi ne soffre.
Poi le perizie: quella richiesta dal Gip aveva stabilito che alla base della morte vi era “asfissia prodotta da impiccamento” e non aveva isolato lesioni da strangolamento.
Quella dei legali della famiglia aveva individuato due lesioni sul collo della vittima. Una “vitale”, quando cioè Carlotta sarebbe stata ancora viva, perché il corpo avrebbe rilasciato molto sangue. Una seconda, “poco vitale”, perché lasciata dalla sciarpa, che avrebbe provocato poca fuoriuscita di sangue, su un corpo ormai privo di vita. La prima indicherebbe lo strangolamento, la seconda la presunta simulazione dell’indagato. Una ricostruzione sempre contestata dai legali dell’imputato.
Molti dubbi rimasero sulla ricostruzione di Venturi sui suoi spostamenti la notte della morte e sull’ora in cui avrebbe lasciato la piazza. Nella sua requisitoria, il pm Crupi ha sintetizzato i movimenti dell’imputato. Ci sono, secondo le riprese delle telecamere, circa “tre minuti” trascorsi da quando Carlotta Benusiglio entra nel parco, alle 3.40 e 10 secondi della notte del 31 Maggio 2016, fino al momento in cui Marco Venturi viene ripreso, alle 3.42 e 26 secondi, l’imputato è sempre “rimasto sul luogo del delitto”.
Ci sono poi da parte dell’ex fidanzato intercettazioni e ricostruzioni (un decina forse di versioni) sui suoi percorsi e spostamenti.
Da tutto questo, la Procura si è convinta della colpevolezza di Venturi che avrebbe avuto circa un minuto di tempo per inscenare il suicidio. Venturi avrebbe lasciato la compagna vicino casa, a 50 metri dal luogo della morte, poi l’avrebbe seguita mentre lei entrava nel parchetto e l’avrebbe strangolata.
Naturalmente c’è battaglia anche sui frames delle telecamere.
Ma ora la parola passa al giudice, che dovrà pronunciarsi anche sulle accuse di stalking e maltrattamenti che Carlotta aveva più volte denunciato, allegando anche le prove delle aggressioni. Ferite, lividi sul volto, fiammate di gelosia in casa ma anche davanti al portone dove lui si appostava per spiare i movimenti della compagna.
Come la sera del 16 Gennaio 2015, quando Venturi “colpiva Benusiglio con due schiaffi al volto e successivamente la costringeva ad uscire dalla propria auto afferrandola per i capelli e trascinandola a terra sino a una pozzanghera, dove la colpiva con ripetuti calci, in modo da cagionarle gravi lesioni”.
L’ultimo episodio, poco più di un mese prima dalla morte: Venturi “si introduceva nottetempo attraverso una finestra nell’abitazione di Benusiglio..”. Carlotta era ormai esausta e si decise di denunciare. “Io non sarò mai una persona sottomessa – scrive in una mail Carlotta a Venturi – i tuoi atteggiamenti genereranno sempre una mia ribellione”.